
giovedì 9 dicembre 2010
Non voglio che Clara...

sabato 4 dicembre 2010
Il Watson per nulla elementare

venerdì 26 novembre 2010
Zaebos, un viaggio negli inferi degli angeli

martedì 23 novembre 2010
La giungla di Nneka

sabato 20 novembre 2010
Finalmente la Banda Olifante

giovedì 18 novembre 2010
La gioiosa malinconia di Sibylle Baier

lunedì 15 novembre 2010
Il Club delle banane di Beck

Come una scimmia del Guadalupe, afferra banane artpopiane e sbalza sul cestello della vostra biancheria con la faccia di colui che ha capito tutto dalla vita. Beck è così. Ragazzetto che si diverte a manipolare e storpiare non solo la propria musica, buttando nel frullatore ogni genere esistente sul suolo terrestre, ma non pago dei cocktail che ha già preparato per i suoi fans, si lancia in operazioni di sabotaggio su canzoni divenute pietre miliari del passato Novecento. Quindi si è inventato un gioco, il Record Club, ovvero invitare a casa gli amici cari e strombazzare come solo dio sa fare, la miscela di note che confluiscono negli spartiti di grandi cantautori e gruppi che hanno fatto la storia del rock. Tranquilli potete benissimo continuare a lavare i piatti senza avere sbalzi sussultori causa assonanze troppo grevi da parte del nostro giovane Beck, che riprendendo il cd simbolo della banana di Warhol dei Velvet Underground, ha combinato su un casino così grande che rimarrete talmente soddisfatti del suo lavoro, che prenderete gli stessi piatti lavati, li lancerete dalla finestra, con grande gioia dei passanti sottostanti e vi spargerete il corpo di Nutella cantando Sunday Mornig. Evitate accuratamente di farvi vedere per strada poi per la settimana successiva, ma so già che non ve ne fregherà un emerito cazzo di questo consiglio, perché per smuovervi dalle casse che continuano a fuoriuscire songs beckivelvetundergroundiane, dovranno venire i pompieri con tutte le forze dell’ordine. Vi ritroveranno in versione banana split, dondolante come Tarzan, senza più voce. Vostra moglie chiederà il divorzio, vi farete un po’ di carcere, ma quello che conta è che possiate portavi in cuffia la nuova versione di Heroin, perché come diceva quel filosofo tedesco, “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me” e voi di morale non avete neanche più il ricordo, ma continuate a domandarvi perché il cielo sia cosparso del frutto Warholiano. Beck vi cambierà la vita. Accettate il rischio?
sabato 25 settembre 2010
Il favoloso mondo di Ameliè Les Croyons
Se vi trovaste per il centro di Lione e la nominaste, salterebbero fuori dai tombini clown imbrattati di note, poeti benedetti con bombole spray che ricoprirebbero il vostro bel vestito di parole leggere, quasi silenti. Questo è l’effetto del passaggio di Ameliè Les Croyons all’inizio della sua carriera otto anni fa. Codesta donzella, ovviamente sconosciuta in Italia, è l’emblema della sensualità. Mai portarla alle piramidi d’Egitto, potrebbe risvegliare il faraone e tutti i suoi compagni di scuola. Meglio gustarsela nei teatri francesi, dove spesso canta e balla e attizza uomini sposati che fremono di salire sul palco con lei per un valzer. Ameliè Les Crayons è una stilista delle melodie, veste le proprie canzoni così bene che sembra di essere di fronte a Maria Antonietta della Sofia Coppola. Il suo mondo è fatto di limoni, palloncini colorati, caramelle e clown. Mentre ascoltate il suo ultimo album “Le Porte Plume”, evitate di pensare al bollo dell’auto, al mutuo o a vostra moglie che tra poco tornerà dal lavoro e vi troverà in stato catatonico, con la faccia da ebete,totalmente inebriati dalla favolosa Ameliè. Siate consapevoli degli effetti che fa, inventate scuse, negate sempre anche l’evidenza. Perché anche se effettivamente la bella francese non è mai entrata nella vostra stanza, voi ne siete giustamente innamorati. Fatevene una ragione. Oppure chiedete il divorzio, prendete il primo treno per Lione e domandate ai gestori del bar del centro dove vive la bella Ameliè. Che dire? Buona fortuna.giovedì 23 settembre 2010
LaMontagne, calzolaio a tempo perso
Se avete scarpe con suole scollate, stivali malconci, ciabatte d’antiquariato a cui tenete più di vostra cugina, non vi resta che portare il tutto in Pennsylvania in via Boh al numero Mah, dal signor Ray LaMontagne. Vi troverete di fronte un barbuto garibaldino, che col suo cognome da rivoluzione francese, se avrà ancora tempo, vi sistemerà anche gli zoccoli di vostra suocera (con buccia di banana incollata sul fondo). Codesto personaggio ora fa il cantautore però, e quindi magari vi ritrovereste ad aver fatto 10000 chilometri per l’anima del cazzo, ma restereste comunque incollati al vetro della sua finestra, se dentro ci fosse il barbuto che suona come un Ray Charles vedente. Vi trovereste in una colonna sonora di Zach Braff (per capirci, Zach è quel simpatico ragazzo attore principale della serie “Scrubs” che, per chi non lo sapesse, ha girato il film “Garden State”), imbambolati dalla sua voce da orso vegetariano e dal suono della sua chitarra che armeggia proprio come un calzare. Il LaMontagne passa da canzoni nutiniane a momenti di catarsi assoluta. Potreste trovarvi sulla scala del garage ad armeggiare il baule della vostra prozia, cullati da dolci momenti di canzoni romantiche e trovarvi poi col culo all’aria presi dallo spavento per colpa dei fiati entrati come la cavalleria delle valchirie senza nessun preavviso. Quindi, consiglio mio, essendo il disco (Gossip in the Grain) molto “yeahhh” appiccicate le vostre chiappe a mò di Virgosol sul vostro divano, fregandovene se vostra madre continua a urlavi dietro “questa casa non è un albergo”, e immaginate il calzolaio suonatore barbuto che vi rassetta a suon di note e melodie la vostra vita, che ha ormai la suola decisamente usurata ma non per questo da buttare.martedì 21 settembre 2010
Fuori tempo di Murdoch
Date a Beck quello che è di Beck e a Murdoch quello che è di Murdoch. No no, non c’entra un emerito cazzo il magnate delle televisioni americane, qui parliamo di Alexi Murdoch. E voi direte, e chi cazzo è? Ora non so se sia il figlio, cugino, nipote del capo della Fox, ma ringraziamo sua madre e anche il padre per questa volta, di averlo messo al mondo. Di certo se Beck avesse un gemello, quello si chiamerebbe Alexi. Il ragazzotto trentenne, con l’aria falsa trasandata, e per questo ingrifante come una pin-up bettypageiana, ha una voce così calda e sensuale che se facesse lo speaker alla radio, diciamo verso le undici di sera, farebbe scattare grilletti clitoridei a tutto spiano. Il nostro giovin donzello canta come un dio greco, batte la chitarra con la stessa tenacia con la quale le anatre sbattono le ali sorvolando la Manica in periodo di migrazione. Ha la barba incolta per rendere il personaggio più fico, probabilmente ha un nugolo di gnocca al seguito e magari se la fa con uno dei Duran Duran. Fatto sta che le sue ballate molto Beckiane ( diciamolo), sono ben scritte, arrangiate bene quanto il punto croce di mia nonna sulle tende di casa e regalano veramente momenti epici. “Time without consequence”, questo il titolo dell’album,è così bello che vi viene voglia di lasciar bruciare le uova che avete messo sul fuoco. E’ una canzone da brivido dietro l’altra. Se volete fare colpo su una tipa, regalategli questo album e il cuore della vostra desiderata si scioglierà come strutto a contatto con la padella rovente. Se siete femminucce, allora cazzo, cosa aspettate a farvelo regalare? Ricordate però di mettere la guepiere prima di andare all’appuntamento del vostro maschio arrapato. Viva Murdoch (Alexi) precisiamo e viva la bella musica. Ah, dimenticavo, ci sta bene anche del whisky con camino acceso e candele intorno. Ovviamente chiudete accuratamente le finestre, perché se malauguratamente si trova a passare da quelle parti il vero Alexi, la vostra donzella non esiterà ad aprirgli le braccia e non solo, lanciandosi verso la porta di uscita alla velocità di Mennea. martedì 3 agosto 2010
Bassanese narra Il futuro del mondo

giovedì 29 luglio 2010
il lupo Mannarino

Aò ma te de dove sei?
So de Roma perché?
Eh, perché io me “So M’briacato” de una donna.
Azz, allora so dolori
Ciai ragione, so dolori ma la rivesto de fiori da circo, vedrai che non me lascerà.
Aò, ma te rendi conto de quanto ce stanno a pijà per i fondelli quelli lassù a palazzo?
Non me lo dire. Sto incazzato. “Svegliatevi italiani”, che qui se so magnati anche la trippa del vostro gatto.
Oh, ma te va de annà a bere qualcosa al bar?
Certo, conosco un posto che fa al caso nostro.
Cioè?
Il Bar della Rabbia. Lì puoi bere, urlà, piagne, ridere come quei bimbi che giocano con la spazzatura, vedi li davanti a noi. So belli vero?
Ammazza Alessandro, me piace. Namo?
Namo.
C’ha il Tevere nelle vene, Pratolini è suo fratello. Mannarino è un lupo, un giullare triste dei nostri tempi. Un menestrello che ti schiaffa in faccia la nuda e cruda realtà. Diciamo che non è esattamente un album alla Apicella. Se pensate che sia di sinistra, fate solo bene. Quando siete arrivati a sinistra proseguite verso il circo, lo troverete che gioca con gli zingari alla faccia dei razzisti. Beve come un cammello andaluso il vino della borgata, mangia pane e rivoluzione. Ha l’umorismo del decadente, dentifricio sparso sulla canottiera bianca, un cappello di paglia che ormai non si stacca neanche a calci. Il ragazzotto de Roma col baffetto da sparviero canta con liquorosa rabbia testi poeticamente perfetti. Volete pensare? Volete ridere? Volete ballare? Comprate questo album, lo mettere su almeno dieci volte al giorno. Se invece siete fan di Apicella, beh, toglietevi dai coglioni no?